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Teatro Toniolo, stagione di prosa: dal 16 al 18 dicembre è andata in scena la Parsons Dance con le coreografie di David Parsons

di Rita Zambon

Il 18 dicembre è andata in scena al Teatro Toniolo di Mestre (Venezia) la compagnia di danza di David Parsons nell‘ultima recita della tournée italiana iniziata il 3 novembre.

Quattro coppie si sono esibite in coreografie vecchie e nuove, accolte con entusiasmo dal pubblico. David Parsons può essere considerato uno dei massimi esponenti della post modern dance americana. Originario di Rockford, Illinois, e cresciuto a Kansas City, ha avuto fra i suoi maestri Cliff Kirwin e Paul Chambers, allievi di Hanya Holm (1893-1992), grande personaggio della pionieristica modern dance, di origine tedesca, e ha danzato nella compagnia di Paul Taylor (1930–2018), coreografo americano il cui stile è caratterizzato da movimenti che danno sempre una sensazione di continuità, come se ogni gesto fosse compreso nello stesso flusso di energia, e Parsons dimostra di avere completamente assimilato questa lezione. Seguirono poi le esperienze  con i Pilobolus, i Momix e il White Oak Dance Project fondato da Michail Baryshnikov e Mark Morris.

La compagnia è stata fondata nel 1985 da Parsons e dal lighting designer Howell Binkley, scomparso a causa di un cancro nel 2020, ed è alla sua memoria che è dedicato il pezzo – secondo me – più bello: Balance of Power, un assolo creato per una danzatrice – eseguito in questo caso da un ballerino, Croix DiIenno – in collaborazione con il compositore e percussionista italiano Giancarlo De Trizio. Una coreografia intensa, molto tesa ed asciutta ritmata dalle percussioni. L’interprete ha riscosso molto successo, anche personale: “Però, che bei muscoli!” ha esclamato estasiata una signora seduta dietro di me.

Il secondo brano nuovo per l’Italia è stato il pezzo d’apertura The Road su canzoni di Cat Stevens- Yusuf Islam. Ammetto che mi sono un po’ annoiata, perché la soluzione non è nuova: Parsons ha già usato canzoni come base per le sue coreografie che sono a loro volta ripetitive: i movimenti, le legazioni, l’alternanza di gruppo, trio, duetto, senza mai un attimo di respiro.

Gli altri pezzi fanno invece parte del repertorio della compagnia: avevo già visto The envelope e Caught nel 1989 in occasione del Carnevale alla Fenice e Nascimento nel 2002 al Malibran per il Carnevale dei Teatri (sono ritornati poi nello stesso teatro nel 2017). Nel programma di sala del 2002 scrissi che per Parsons era importante che il suo lavoro fosse accessibile, e questa parola, “accessibilità”, è la chiave di lettura del suo modo di fare coreografia. The envelope sulla musica di Gioachino Rossini è la storia di una lettera che passa di mano in mano e non ne vuole sapere di lasciare il mittente. Caught è un pezzo di grande effetto: grazie alle luci stroboscopiche il danzatore – in questo caso la ballerina Zoey Anderson – sembra non toccare mai terra. Nascimento, che ha chiuso la serata, è un omaggio al musicista brasiliano Milton Nascimento: gli otto ballerini danzano sulla sua musica scatenandosi nel finale, fra le ovazioni del pubblico.

Chi vuole avere più notizie della compagnia e del suo fondatore può vedere il loro sito: www.parsonsdance.org.

 

 

(20 dicembre 2022)

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